domenica 27 giugno 2010

Semi di girasole mon amour

Il Jin Ding Xuan è un noto ristorante di Beijing che non chiude mai. Un eterno 24 ore su 24 di cucina cantonese nei suoi rumorosi quattro piani. E' un punto di riferimento per mangiare dim sum, il termine cantonese per i classici "ravioli", senza svenarsi. Spesso c'è la coda per entrare, e si viene fatti accomodare su sedie di plastica rosse. Un po' come quando aspetti la pizza da asporto; ognuno ammazza il tempo come crede: manda o finge di mandare messaggi col telefono per far capire a tutti che è pieno di amici, e invece magari sta giocando a Snake, legge qualche rivista da sala d'attesa o scambia due chiachciere di cortesia. Mentre ero in fila ieri pomeriggio, ho osservato i cinesi ammazzare il tempo dell'attesa ingurgitando chili di semi di girasole essiccati, generosamente forniti dalla direzione. Sotto ai piedi delle persone in attesa si ammucchiavano bucce come in una grande sfida a chi riuscisse a consumarne di più, come una versione globale dei mucchietti di bucce di brustoline che si formavano nelle piazze italiane. Quelle persone erano al settimo cielo per la presenza dei semi: un paio di ragazze si servivano a mangiate grezze, perdendo lungo il breve tragitto di ritorno verso le proprie sedie parte del prezioso carico. Un signore seduto al mio fianco faceva una continua spola tra la sedia ed il tavolo per rifornirsi, con un tale sforzo che sulla maglietta verde, circa all'altezza del cuore, gli si era formata una prestigiosa macchia scura di sudore. O forse era la saliva colata nella foga del nutrimento di semi. Di fronte a me invece sedeva un vero maestro dell'antica arte del seme di girasole: maglietta Adidas bianca, short pure Adidas fin sotto al ginocchio, elegante sandalo in pelle corredato da calzino, sembrava, con la sua gamba accavallata e la sua manciata di semi, completamente estraneo al plebeo mondo che lo circondava. Si guardava intorno con fare superiore, portando ritmicamente un seme stretto tra indice e pollice alla bocca famelica: con un abile combinazione di movimenti di labbra, denti e lingua, frutto chiaramente di una pratica sviluppata in uffici pubblici e treni cinesi, in pochi decimi riusciva a rompere il guscio, estrarre il seme, ingoiarlo e sputare l'involucro poco oltre la punta del suo alluce. Ipnotico il suo incedere, la sua grazia interrotta solo da accosionali bucce che gli rimanevano appiccicate, complice un filo di saliva, al labbro inferiore o al mento. Ma sempre senza compromettere la sua estasi da seme di girasole. L'ho osservato rapito, salvo poi rendermi conto che il rumore incessante di aprimento gusti e masticamento semi aveva sostituito quello del traffico nelle mie orecchie. Per un attimo ho anche avuto una sorta di allucinazione in cui ho visto tutti i presenti sotto forma di enormi criceti intenti a rosicchiare cereali e noci.


Poi per fortuna hanno chiamato il mio numero, e mi sono potuto consolare con la cena.


2 commenti:

  1. ...dalla foto sembrerebbe il nostro ristorante dell'inizio e della fine...è davvero lui!?!?!?!

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