lunedì 20 febbraio 2012

Serial chillers: il noir della porta accanto

E' uscito per Maglio editore il volume Serial chillers, 25 incensurati in cerca d'autore, antologia di racconti noir di autori emergenti italiani. O che si spera emergeranno. Nulla a che vedere con l'Oriente, ma uno dei racconti è stato scritto dal sottoscritto. Il volume di pregevolissima fattura contiene oltre ai 25 suddetti racconti (selezionati tramite concorso) anche le 25 fotografie dei soggetti che li hanno ispirati ed un'opera inedita dello scrittore Loriano Macchiavelli.


Questo è il sito dove trovare tutte le informazioni a riguardo e l'idea che era alla base del concorso Serial Chillers:
http://maglioeditore.it/2012/02/18/serial-chillers/

mercoledì 15 febbraio 2012

Ritratti su muri da demolire

Incidere ritratti di comuni cittadini sull'intonaco di abitazioni che stanno per essere demolite a Shanghai. In Cina, dove è annoso il dibattito sulle demolizioni selvagge, sugli espropri, sulle compensazioni non sempre adeguate, su piani di riordino urbano condivisibili o meno, ma comunque discutibili, nel senso che dovrebbero essere oggetto di discussione, o almeno di una discussione maggiore di quella che avviene al giorno d'oggi. Grazie all'artista portoghese Vhils ed al suo staff in trasferta in Cina, e grazie al sito chinasmack.com dove ho trovato la notizia.

http://www.chinasmack.com/2012/pictures/foreign-artist-vhils-engraves-portraits-onto-shanghai-walls.html

giovedì 9 febbraio 2012

Ad est, ad ovest, dove capita.

Nell'ormai lontano 2009, ero in Oriente. Ma decisi per mezza giornata di andare nel far west. Si, quello pechinese. Buona lettura

Io amo la categoria di quelli che fanno sempre viaggi più avventurosi dei tuoi. Quelli che sono stati dove puoi vedere la vera Cina, quelli che hanno visto cinesi che non avevano mai visto stranieri. Magari si erano anche portati dietro perline e specchietti da regalare ai selvaggi, dimenticandosi che quelle rotte che loro credono da loro battute per prime sono le meglio indicate nelle guide per saccopelisti e nelle riviste specializzate. Ma anche io volevo andare dove nessun cinese ha visto stranieri in carne ed ossa, ma visto che il Tibet è troppo lontano e le foreste del sud non a portata di portafoglio, sono tornato dove ero stato qualche anno fa, nel profondo ovest. No, non il Xinjiang, ma il far west di Beijing, comodamente raggiungibile in metropolitana. La prima volta ero venuto alla ricerca di paesaggi di sapore sovietico, questa volta per trovare la leggendaria fermata della metropolitana di Fushouling: esistono infatti 3 fermate dismesse della linea n.1, dato che si evince dalla numerazione delle stazioni nelle mappa. Le prime due stazioni ad ovest a quanto pare sono finite in zona militare, quindi assolutamente off limits. Mentre della fermata di Fushouling esistono ancora gli accessi, anche se chiusi. Arrivare dalle parti di Pingguoyuan, l’ultima fermata accessibile, fa fare un salto nelle Beijing pre-olimpica di marciapiedi rotti e condomini brutti: non c’è qualcosa di particolarmente diverso dal centro, se non un’atmosfera di incuria più simile alle città di media grandezza piuttosto che alla capitale. Da qui un bus fa la rotta circolare del quartiere, fino al parco relativamente famoso di Badachu. Lungo il tragitto si riconoscono diverse strutture dell’esercito, immagino banali caserme dal momento che ricordavano molto dei normali condomini, con l’unica differenza di essere circondati di filo spinato. Scesi dal bus ci inerpichiamo casualmente per quello che sembra un sentiero che si diparte dalla strada in mezzo ai condomini ed in un attimo ci ritroviamo a salire lungo una montagna, in piccoli sentieri pieni di spazzatura che si lasciano in fretta alle spalle gli edifici; lontane si sentono le voci di una scolaresca, incrociamo una coppia vestita da scalatori professionisti, molti sentieri si dipartono da quello principale, intorno la vegetazione è ora bassa di arbusti ora si alza con pini, lungo il cammino si aprono piccole radure, cartacce e stronzi malamente coperti da fazzoletti bianchi, ma in una ci troviamo anche due tumuli, sembrano sepolture, l’ipotesi confermata dalla presenza di due ghirlande votive i cui fiori di carta erano oramai lacerati dal tempo. Salendo il panorama di apre su grattacieli e frutteti, su di una lontana centrale elettrica dotata di due enormi altiforni nel mezzo dei quali spunta una vetta coronata di una piccola pagoda. Sotto ai nostri piedi vecchi quartieri rotti e trascurati. Camminiamo ancora un po’ nel verde per poi tornare sulla strada, si susseguono autolavaggi autobus n.311, e poi ancora questi hutong quasi moderni, dalla strada principale si dipartono stradine che si gettano tra le case fitte, mucchi di mattoni di scarto creano i muretti, c’è polvere e puzza di piscio che esce dai bagni pubblici. Un minibus ci sfiora ed il passeggero urla “hallooo”, mi sa che gli si è presentata l’unica occasione per dimostrare che il suo corso di inglese per corrispondenza non è stato uno spreco di soldi. Camminiamo, ma della fermata fantasma ancora nessuna traccia. Ci infiliamo in una via meglio tenuta delle altre, due bimbi sbucano da dietro un muro, si pietrificano alla nostra vista e poi scappano urlando waiguoren waiguoren , stranieri, neanche fossimo crudeli giapponesi che invadono la Cina, ma poi curiosi tornano a spiare. Camminando a caso incontriamo uno strano edificio dalle fattezze neoclassiche, colonne ioniche e balconi, sembra una scuola, infatti è il “Centro di formazione per i trasporti ferroviari”, e allora si accende una lampadina: da qualche parte avevo letto che la stazione si trova in prossimità di quella scuola. Torniamo sulla strada principale, nel frattempo i bimbi si sono preparati per fare bella figura con noi, giocano col diablo, una bimba salta la corda, una mamma arriva e si mette anche lei in mostra saltando la corda. Abbiamo firmato un trattato di amicizia Italia-Pingguoyuan. Ancora pochi metri e vediamo un edificio sospetto, ne esce un uomo da un porta di ferro troppo nuova per essere l’originale, non ho la prontezza di fermarlo, ma in un attimo capiamo che siamo arrivati, ecco uno degli ingressi, ed infatti alle sue spalle se ne trova uno uguale, e speculari, dalla parte opposta rispetto ad una strada che ora non c’è più, altri due edifici analoghi: blu, lunghi e stretti, con la pensilina dalla quale pende ancora una luce al neon.

Ci avviciniamo, sotto si sentono ancora passare dei treni. Qualcuno dice che ci facciamo addestramento gli allievi delle suddetta scuola, magari può esserci un deposito treni, o forse spostamenti segreti di truppe...o forse leggende ben più paurose. Non lo so, la gente ci transita intorno e ci guarda diffidente, un bambino di pochi anni si lamenta che ha paura degli stranieri, ma poi un piccolo coraggioso in rollerblade si avvicina e si ferma a guardarci. Non dice niente, se ne frega di apparire maleducato, ci guarda, si assicura che non mordiamo, ci sorride e continua a guardarci interessato. Da lui abbiamo la conferma che quella era una stazione della metro. Ci va vedere un paio di evoluzioni con i roller, cade un paio di volte rischiando di compromettersi le ginocchia. Quando ce ne andiamo ci segue per un tratto, poi probabilmente si ferma da amici a bullarsi di aver affrontato degli stranieri. Io e Fausto ce ne torniamo verso la fermata della metro accessibile, di nuovo verso est, verso luoghi noti.