lunedì 31 maggio 2010

Questione coreana: la Cina mostra le carte

La si attendeva, ed è arrivata. La proposta cinese per la questione coreana è la seguente: l'istituzione di una nuova indagine congiunta sull'affondamento della Cheonan, condotta da un team del quale facciano parte anche l'Onu, la Cina e la Corea del Nord. Così ha riferito una fonte diplomatica anonima venerdì scorso, al termine dell'incontro bilaterale tra il presidente sudcoreano Lee ed il premier cinese Wen. L'Onu ha ribadito l'impegno a trovare una via diplomatica per districare la questione, e sembra che ora, dopo i proclami belligeranti della settimana scorsa, tutti gli attori siano pronti a rimettersi al tavolo della discussione. A prova di ciò, la decisione del Ministero della Difesa sudcoreano di sospendere il progetto di distribuire volantini di propaganda in Corea del Nord: ufficialmente per cause climatiche, ma chiaramente per non aumentare la tensione in un momento particolarmente delicato.


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mercoledì 26 maggio 2010

Cheonan: la voci critiche in Corea del Sud

Dalla settimana scorsa in Corea del Sud non si può criticare su internet l'esito delle indagini sull'affondamento della Cheonan: la Korean National Police Agency è impegnata a setacciare siti, blog e bollettini di notizie on-line per assicurarsi che nessuno possa avanzare dubbi su quell'indagine che ha dichiarato la Corea del nord colpevole dell'affondamento della nave e della morte di 46 marinai. Ogni critica che viene portata all'indagine ( e sono molte) viene tacciata come falsità e tradimento da parte non solo dei politici vicini al presidente Lee ma anche dai quotidiani dell'ala conservatrice che si stanno rivelando particolarmente aggressivi nel portare avanti la nuova campagna di Corea. Nonostante lo sforzo però le idee circolano on-line, e monta il sentimento di chi non ci sta a vedersi trascinato, se non in guerra, anche solo in una situazione di tensione che accusano essere fomentata ad arte. Nella foto, i membri di una organizzazione civile femminile manifestano con cartelli che invitano ad una soluzione pacifica della questione.




Questa notizia, ossia il divieto di avanzare dubbi, ottiene immediatamente il risultato di instillare il dubbio: se l'indagine fosse inattaccabile, non ci sarebbe bisogno di metterla al sicuro dalle critiche.


Ma, come sembra e come mi è stato confermato, buona parte della società sudcoreana non crede all'affondamento della Cheonan come atto di guerra. Ma a cosa crederebbe? Tra la ipotesi più sostenute c'è quella dell'incidente meccanico/umano poi rivenduto come atto di guerra, con il duplice risultato di evitare la brutta figura (e scaricare la colpa del lutto su altri) e scaldare gli animi in vista della tornata elettorale del 2 giugno. Il presidente Lee non è esattamente amatissimo, e la vicina elezione potrebbe anche metterlo in difficoltà. Qualcuno si spinge nel ragionare ancora più avanti, accusando chiaramente il governo di aver provocato la tragedia per creare una situaizone di allarme che solo un governo forte ed intransigente nei confronti di Pyongyang può gestire.


Non è facile districarsi tra questi eventi: la Corea del Nord in genere fa rima con carestia, chiusura e dittatura, quindi ogni malefatta che le viene attribuita la si considera generalmente attendibile. Tendiamo (io per primo) a distinguere in bianco e nero, dimenticando però che all'interno della stessa Corea del Sud esistono scontri e differenze ideologiche, come in tutte le altre democrazie. E che la verità spesso non è una, e spesso non è neppure veritiera.

lunedì 24 maggio 2010

La questione della Cheonan. Da un'altra angolazione

Sulle pagine del sito dell'agenzia stampa nordcoreana Kcna (www.kcna.co.jp) si può leggere la versione nordcoreana dei fatti della nave affondata Cheonan. Riassumendo, nell'inconfondibile stile della retorica di sovietica memoria, Pyongyang rimanda al mittente tutte le accuse, affermando che questa non è che l'ennesima macchinazione finalizzata a trovare un pretesto per dichiarare guerra alla Corea del Nord, ordita dai vicini del Sud, in particolare dal suo governo reazionario manipolato dagli Stati Uniti e dal Giappone (se la stessa cosa avvenisse in Europa, sarebbero Stati Uniti e Regno Unito). Il governo sudocreano, accusato di essere composto da traditori della patria, viene accusato e messo in guardia: il popolo e l'esercito nordcoreano non li perdoneranno mai per la loro viltà.




(nell'immagine, il luogo dove è avvenuto l'affondamento della Cheonan, in prossimità del confine marittimo tra i duo paesi)


Gli autori hanno l'accortezza di non accusare mai il popolo sudcoreano, ma solo i suoi governanti ed i suoi mandanti occulti. Naturale che sia così: ufficialmente la Corea del Nord persegue ancora il sogno della riunificazione, o almeno mette tale parola in tutti i discorsi ufficiali e patriottici; quindi al popolo sudcoreano bisogna riunirsi, spazzandone via la cricca reazionaria al potere.


Ma fermiamoci un attimo a pensare: e se avessero ragione loro? Se l'affondamento della nave Cheonan, i suoi morti, i suoi lutti, non fossero altro che una enorme macchinazione per raggiungere altri obiettivi? Per oggi quindi provo a stare dalla loro parte. Mi ha ispirato la lettura di un blog in cui l'autore senza dubbio alcuno imputava l'affondamento ad una classica (termine suo) macchinazione dello zio Sam per giustificare un attacco ad un paese ostile, in questo caso la Corea del Nord. Ma a che pro? Al fine di attaccare indirettamente la Cina, unico alleato di Pyongyang degno di considerazione. Quindi di nuovo l'oramai noto scontro tra potenze, questa volta combattuto per procura in Corea del Nord. Ma siamo sicuri che la Cina sarebbe così pronta a salvare il regime nordcoreano? Mentre per Kcna la finalità è semplicemente l'annientamento del governo della famiglia Kim, colpevole di voler costruire un'alternativa all'egemonia degli Usa e di cercare con forza una riunificazione nazionale impedita da forze esterne. La malafede del governo sudcoreano sarebbe provata dal fatto di non voler accettare il team di investigatori che Pyongyang vorrebbe inviare a svolgere le proprie indagini sull'affondamento della Cheonan.


Mentre continua il tour della Clinton che potrebbe dare indicazioni sul futuro, in Corea del Sud ci si prepara per le elezioni a livello locale del 2 giugno: impossibile che la questione della Cheonan non abbia ripercussioni sulla tornata elettorale. Probabilmente lo pensava già il presidente Lee quando ha deciso di rendere ufficiale l'accusa alla Corea del Nord per l'attacco alla nave: arrivare il più vicino possibile alla data delle elezioni per scaldari i cuori, senza però nel frattempo impantanarsi in uno stato se non di guerra vera di mobilitazione che non avrebbe certo fatto bene alla sua immagine.

sabato 22 maggio 2010

Contro-indagine nordcoreana

Il vice presidente della Commissione Nazionale per la Difesa nordcoreana Kim Yong Chun ha invitato le autorità sudcoreane ad accettare il gruppo investigativo che Pyongyang vuole inviare ad investigare riguardo all'affondamento della corvetta Cheonan. Il governo di Kim Jong-il non accetta la pesante accusa, anzi la rilancia al mittente ed in alcune occasioni ha avanzato l'idea che l'affondamento possa essere una messa in scena delle autorità sudcoreane, finalizzata a fomentare lo scontro con i vicini del nord.



Si attende intanto l'esito del viaggio di Hillary Clinton in Asia orientale: in Giappone ha già incontrato a Tokyo il Ministro degli Esteri Katsuya Okada (nella foto), poi sarà in Cina e concluderà l'itinerario proprio in Corea, a Seoul. Chiaramente sarà la situazione nella penisola coreana a tenere banco nelle discussioni, e probabilmente non è un caso che l'indagine di Seoul che ha accusato Pyongyang si sia conclusa propria questa settimana, in concomitanza con l'inizio del viaggio. Il Giappone viene spesso minacciato dalla Corea del Nord, le cui autorità non hanno mai fatto mistero del fatto che l'obiettivo militare ultimo sia avere vettori nucleari in grado di colpire il paese del Sol Levante. Seoul negli ultimi anni si è mostrata più intransigente; la posizione della Cina dovrà necessariamente emergere in questi giorni. E' da questa posizione che dipenderà molto di ciò che succederà nelle prossime settimane.

giovedì 20 maggio 2010

Coree: promesse di guerra, possibilità di tregua.

"Guerra aperta". Questo promette la Corea del Nord alla Corea del Sud, qualora la comunità internazionale decidesse di applicare ulteriori sanzioni a Pyongyang, dopo la presentazione al pubblico dei risultati dell'indagine sull'affondamento della nave sudcoreana Cheonan, le cui vittime furono 46 marinai. Secondo l'indagine, condotta da un team internazionale, non ci sono più dubbi che la nave sia stata affondata da un siluro nordcoreano, del quale sarebbe stato rinvenuto un pezzo nelle acque teatro dell'incidente. Ma se il Nord minaccia guerra, il Sud invece mostra i muscoli ma non si lascia andare a proclami belligeranti: la ripresa economica è in atto, ed in novembre Seoul ospiterà il G20, inteso come momento culminante del governo di Lee. Quindi una guerra, o una situaizone di tensione, è tutt'altro che auspicabile. Ed allo stesso tempo, il governo sudcoreano vuole forse giocare la carte della provocazione senza gesti plateali: il regime di Kim al nord non naviga in buone acque, tra crisi economica, problemi riguardo alla successione e generale disinteresse del mondo verso il disgraziato paese. Ed i governanti lo sanno che se vengono a mancare gli aiuti internazionali, tutto crolla. Seoul ha già fatto capire che non si farà ricattare. Ora rimane solo la Cina nel ruolo di alleato storico, ma un ruolo che sembra stare oramai stretto a Beijing, che anzi a volte finisce per imbarazzare i governanti cinesi: la Corea del nord è un vicino bizzoso e spesso crea tensioni, ma è comunque un fondamentale stato cuscinetto per tenere le forze armate dello zio Sam a distanza di sicurezza.


In un momento in cui è lecito aspettarsi l'inaspettato, vedremo nelle prossime settimane come si muoveranno i protagonisti. Ben sapendo che è nel crepuscolo dell'impero che spesso avvengono follie e gesti inconsulti da parte di governanti oramai condannati e destinati a cedere il passo. Ma tenendo allo stesso tempo presente che sono anni che si prospetta la fine del regno comunista della famiglia Kim, che però è rimasta fino ad oggi al potere.

martedì 18 maggio 2010

L'indagine che fa tremare le Coree








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Giovedì prossimo
potrebbe essere una giornata cruciale per la penisola coreana: saranno infatti
resi noti i risultati dell'indagine sull'affondamento della nave da guerra
Cheonan, che lo scorso marzo ha provocato 46 vittime tra i marinai sudcoreani.
Fin da subito si erano fatte insistenti le voci che potesse trattarsi di un
attacco della marina nordcoreana, ma il governo di Seoul aveva tenuto basso i
toni, evitando accuratamente di accusare direttamente Pyongyang: per
scongiurare una crisi che avrebbe non solo compromesso la ripresa economica che
è in corso in Corea del Sud, ma anche trascinato i due paesi in uno scontro non
più fatto solo di proclami ed accuse bipartisan, ma possibile di veri atti di
guerra. Per una larga parte dell'opinione pubblica, per settori dell'esercito e
del mondo politico l'attacco alla Cheonan è stato appunto un atto di guerra,
una precisa dichiarazione di intenti del regime di Kim Jong-il. Le prove
sembrano oramai confermarlo, ma l'ufficialità sulla decisione arriverà appunto
solo giovedì. Ma intanto tutti si stanno muovendo. di Stato
americana Hillary Clinton sarà a Seoul la settimana prossima, come ha
confermato lo stesso presidente Obama: prima sarà a Beijing, dove secondo i
programmi discuterà anche di questo tema col il suo pari ruolo cinese, Dai
Bingguo. Lo stesso Barak Obama ha avuto oggi una conversazione telefonica col
suo collega sudcoreano Lee Myung-bak, ribadendo l'appoggio degli Usa, quale che
la decisione finale. Decisione che Seoul comunicherà immediatamente non solo
agli Usa ma anche a Cina e Russia, a conferma che un'eventuale scontro nelle
acque coreane difficilmente rimarrà delimitato ai due paesi protagonisti.

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potrebbe essere una giornata cruciale per la penisola coreana: saranno infatti
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Cheonan, che lo scorso marzo ha provocato 46 vittime tra i marinai sudcoreani.
Fin da subito si erano fatte insistenti le voci che potesse trattarsi di un
attacco della marina nordcoreana, ma il governo di Seoul aveva tenuto basso i
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è in corso in Corea del Sud, ma anche trascinato i due paesi in uno scontro non
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(nell'immagine, le operazioni di recupero del relitto della Cheonan, poi sottoposto ad indagini. Sarebbero emerse, tra le altre, tracce riconducibili ad un siluro che avrebbe colpito la nave)




E la Corea del Nord? Finora Pyongyang ha negato qualsiasi coinvolgimento nella tragedia. Nel contesto degli ultimi mesi, l'attacco, se confermato, sarebbe l'ultima provocazione del Nord nei confronti del Sud dopo il blocco del dialogo sul disarmo nucleare ed il pugno duro mostrato da Seoul per quanto riguarda gli aiuti economici, da cui Pyongyang dipende, ed i progetti di sviluppo congiunto tra le due Coree. Forse il governo di Kim Jong-il ha voluto alzare nuovamente la tensione nel momento in cui il mondo cominciava a perdere interesse nella questione coreana; il che è probabilmente quanto di peggio possa succedere per la Corea del Nord. Ma se dovesse emergere un preciso coinvolgimento militare, le conseguenze sono difficili da immaginare. E' difficile infatti pensare che Seoul, pur con la volontà politica e tutto il pragmatismo imposto dalla situazione, possa far passare senza conseguenze una sfida netta oltre che costosa in termini di vite.



domenica 16 maggio 2010

Piccole soddisfazioni

Le mie gioie da blogger non sono molte. Ma non posso che provore un moto d'orgoglio quando scopro che chi cerca su yahoo.com la capitale kirghisa Biskek troverà come prima voce il mio blog. Spero che questo mi aiuti nelle mie relazioni con la piccola repubblica centro-asiatica, non si sa mai che al prossimo viaggio possa finire proprio lì.


Inoltre, come si può vedere nella colonna dei links qui a fianco, sono entrato nella classifica dei blog internazionali di Wikio, famoso motore di ricerca news compilato dagli utenti. Sono al centesimo posto, ma ho già lanciato l'attacco al mio più prossimo avversario.


Grazie ai lettori,


Cristiano Salvi

martedì 11 maggio 2010

Il figlio conteso di Brahma

Le dighe cinesi continuano a tenere banco. Dopo le tensioni tra Cina e Vietnam per la costruzione delle dighe nell'alto corso del Mekong, ora è il turno di India e Bangladesh, che hanno levato la voce nelle settimane scorse contro il progetto cinese di sbarramento del fiume






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Yarlung Tsangpo, presso la città tibetana di Zangmu. Nomi che suonano sconosciuti ai più, almeno in cinese. Ma se prendiamo il nome indiano, la storia cambia: lo Yarlung Tsangpo altri non è che il Brahmaputra. Il Figlio di Brahma (questa la traduzione in italiano; Brahma è il dio della creazione nel mondo induista) nasce sul monte Kailash in Tibet e scorre per quasi 3000 chilometri attraverso Cina, India nord-orientale e Bangladesh, dove confluisce nel Gange nei pressi del Golfo del Bengala. Quindi un fiume per tre nazioni. La costruzione della diga dovrebbe concludersi nel 2015, e le autorità cinesi hanno ripetutamente ribadito che il progetto è puramente idroelettrico. Ossia, non ha finalità di controllo delle acque; che vorrebbe poi dire ricatto quando si parla di un fiume che serve un bacino così ampio ed è alla base delle colture dell'area. Le stesse autorità indiane hanno affermato che il progetto così come è adesso non presenta minacce, l'importante, come ha ribadito il Ministro degli Affari Esteri indiano






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Somanahalli Malliah Krishna, è che la Cina non sia intenzionata a modificare la portata del fiume. 


Quello che angoscia maggiormente gli abitanti dell'oriente del subcontinente indiano non è però tanto la costruzione di una diga, ma l'evento porta alla mente una paura generalizzata e non del tutto infondata: quella di vedere il corso di uno dei propri fiumi sacri deviato per servire la sete d'acqua cinese. Un paese che classifica l'80% del proprio territorio come a rischio di desertificazione è alla continua ricerca di fonti di approvvigionamento. Si sta facendo strada in India e Bangladesh il timore che lo Yarlung Tsangpo sarà coinvolto nell'enorme progetto cinese denominato South-to-North Water Diversion Scheme, il cui fine ultimo, tramite la realizzazione di canali e deviazioni fluviali, è il dirottamento delle acque del sud verso il nord arido e in continua emergenza idrica, in particolare dopo il deliberato omicidio del Fiume Giallo. Una parte di questo progetto riguarderebbe appunto il corso di alcuni fiumi tibetani, il cui destino sarebbe quello di dissetare la Cina nord-orientale. Lasciando a bocca asciutta centinaia di milioni di cittadini indiani e bengalesi. La autorità cinese hanno smentito categoricamente la possibilità che il riassestamento idrico cinese possa essere applicato in maniera da interessare i paesi vicini, ma a Nuova Delhi sono in pochi e credere ciecamente alle parole provenienti da Beijing. 



Nell'immagine si vede il corso del Brahmaputra prima in Tibet in direzione ovest-est (quasi 1600 chilometri), poi una netta inversione ad U subito prima del suo ingresso in territorio indiano. E' nei pressi della curva che gli indiani temono che i cinesi possano tagliare il fiume per deviarne parte delle acque verso la Cina del nord.