domenica 28 marzo 2010

Chi si specchia nel Mekong








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Il 1 gennaio 2010 è entrato in vigore il Trattato di libero scambio (FTA) tra Cina e paesi ASEAN, l’organizzazione dei paesi del sud-est asiatico. Immediato aumento degli scambi economici e commerciali, un apparente guadagno per entrambi. Rafforzamento dei rapporti tra Cina e questi paesi nonostante le antiche rivalità (Cina e Vietnam ricordano ancora lo scontro ai tempi della guerra del Vietnam,  ma hanno anche problemi odierni riguardo ad acque contese del Mar Cinese Meridionale), ma anche nascita ed aumento di tensioni nuove (il Laos pur contento di aver un partner così grosso teme l'invasione cinese, non solo quella commerciale ma anche quella fisica, con conseguente rischio per la sovranità nazionale).


Facciamo un passo indietro al 1993, anno di inizio della costruzione cinese delle dighe sull'alto corso del Mekong. Oggi sono già 4 le mega dighe in funzione in territorio cinese, necessarie per alimentare le centrali idroelettriche vitali per Beijing.


Torniamo in tempi recenti, al 2008, funestato da alluvioni in Laos e Thailandia, per le quali i rispettivi governi puntarono il dito contro Beijing e le sue dighe.


Infine di nuovo nel 2010, in febbraio, quando l’Indocina è tornata al centro dell’attenzione a causa dell’allarme per la siccità del fiume Mekong nel suo basso corso, quello che appunto interessa le nazioni indocinesi. Il 26 febbraio la Mekong River Commission (MRC) di cui fanno parte rappresentanti di Cambogia, Laos, Thailandia e Vietnam ha dichiarato che il livello del Mekong è il più basso dal 1993. Il 3 marzo i rappresentanti della MRC riuniti a Luang Prabang in Laos hanno innalzato il livello dello scontro con la Cina inviando per la prima volta una lettera formale di protesta al governo cinese, le cui dighe sono ritenute responsabili degli scompensi avvenuti nella portata del Mekong. Beijing ha risposto senza esitazioni che il problema del Mekong è una siccità inaspettata e prolungata che ha già fatto parecchi danni nella province cinesi interessate dal corso del fiume, e non ha nulla a che vedere con l'attività delle proprie dighe: a riprova i dati portati dai cinesi, in base ai quali almeno 7 milioni di cittadini ed almeno 4 milioni di capi di bestiame starebbero soffrendo per la siccità in particolare nelle province dello Yunnan, Guangxi, Guizhou e Sichuan.


Un primo immediato effetto della grave situazione è immediatamente ricollegabile al Trattato: sul Mekong viaggiano i mercantili che trasportano le merci dalla città cinese di Jinghong alla città thailandese di Chiang Saen, da dove poi si immettono in tutta l'Indocina. Il traffico fluviale è stato interrotto, il trasporto dirottato sulla Route 3 che attraversa anche il Laos, intasando un'arteria non concepita per volumi grossi. Tra le conseguenze che interessano la vita degli abitanti, la disponibilità di acqua potabile e di acqua necessaria ad irrigare i campi durante la stagione secca sta calando drammaticamente. Tra le richieste dei governi della MRC (di cui va ricordato la Cina fa parte dal 1996 ma solo come partner dialogante, come anche Myanmar) fatte a Beijing c'è quella di rendere pubbliche le informazioni dettagliate riguardo alle proprie centrali idroelettriche, così da poter verificare quale sia il reale impatto che hanno sul corso inferiore del Mekong. Il fatto che Beijing consideri questi dati una questione di sicurezza nazionale e non voglia comunicarli non fa che accrescere nei paesi della MRC la sensazione che qualcosa venga tenuto nascosto.


 



 


E' in questo contesto che è avvenuta la visita di due giorni a Vientiane, capitale del Laos, di Kurt Campbell, assistente segretario di stato USA per l'Asia orientale. Campbell ha ribadito l'impegno degli Usa nei rapporti non solo con il Laos ma con tutti i paesi dell'area, non mancando di ricordare gli impegni presi nel 2009 quando gli Usa lanciarono un piano chiamato Lower Mekong Initiative insieme a Laos, Vietnam, Cambogia e Thailandia, che doveva promuovere la cooperazione nel campo della protezione ambientale, della salute, dell'educazione e delle infrastrutture. Prima del tour asiatico Campbell aveva avuto modo di affermare presso il Comitato per gli Affari Esteri che la regione Asia-Pacifico è di vitale importanza per gli Usa, facendo intuire che è ora di recuperare lo spazio perduto in anni di relativo disinteresse. Spazio che la Cina non ha tardato ad occupare. Il Laos ne è un esempio perfetto: dalla fine degli anni '90 la Cina è diventato il maggior partner commerciale di Vientiane, nonché il più grande fornitore di prestiti, investimenti esteri ed assistenza tecnica. Sempre rispettando la propria filosofia di non-interferenza negli affari interni del paese partner, che significa allo stesso tempo nessun interesse verso il tipo di governo o le eventuali malefatte che vengono commesse.


Per gli Stati Uniti è quindi venuto il tempo di dedicare più attenzione ai programmi di cooperazione, anche per conquistarsi il favore di una popolazione che in parte ritiene ancora le agenzie come la USAID (Us Agency for International Development) una copertura per la Cia, come spesso era durante la guerra del Vietnam. Già dal 2008 la collaborazione tra i due paesi non riguarda solo lo sviluppo o l'impegno a rimuovere gli ordigni inesplosi, ma anche la cooperazione militare: inviati a stelle e strisce insegnano inglese a professionalità ai militari laotiani tramite il programma IMET, International Military Education and Training; ora si tratta di portarla ad un livello superiore e più organico, per potersi inserire in pianta stabile nella zona.


Siamo dunque all'alba di una nuova guerra fredda con la Cina al posto dell'Unione Sovietica? I due giganti sembrano intenzionati a spartirsi ancora una volta il mondo. Ora è il turno del Laos, in seguito potrebbe essere il Vietnam, che di sicuro non disdegnerebbe una copertura statunitense nello scontro che lo oppone alla Cina riguardo un tratto di Mar Cinese Meridionale, rivendicato da entrambi i paesi principalmente per la ricchezza di petrolio e gas naturale dei suoi fondali: la possibilità che presto la Cina possa dotarsi di una flotta militare di portaerei ha già messo in tensione Hanoi, che ha recentemente annunciato un piano di acquisto dalla Russia di sei sottomarini e 12 navi da combattimento. Anche questa regione appare dunque sempre più simile ad uno spezzone del grande scacchiere globale: Thailandia, Corea del Sud, Giappone e Filippine tradizionali alleati degli Usa. Myanmar e  Corea del Nord dalla parte della Cina. Indonesia e Malesia ancora da decifrare, Vietnam, Laos e Cambogia da conquistare. E ancora, andando verso ovest, India a braccetto con gli Stati Uniti, Nepal vicino alla Cina. Pakistan amico di Washington ma anche tradizionale alleato cinese in chiave anti-indiana. Iran filo-cinese alla luce dei recenti fatti (o forse è Cina filo-iraniana?) Afghanistan che gli Usa vorrebbero dalla propria parte, possibile spina nel fianco con la sua seppur piccola frontiera comune con la Cina. Repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale in bilico, con presenze e basi militare dello Zio Sam ma facilmente seducibili dagli Yuan cinesi. E Russia a coronare il tutto. Senza parlare in questo contesto di Africa e di America del Sud.


Alla luce di tutto questo e delle strategie per gli anni a venire, possiamo dirci sicuri che l'obiettivo ultimo di Bush nell'attaccare Iraq e Afganistan fossero veramente i terroristi e/o il petrolio? O forse George W. Aveva già cominciato un piano volto ad accerchiare la Repubblica Popolare Cinese o quantomeno limitarne l’espansione apparentemente inarrestabile nel resto del mondo?


mercoledì 24 marzo 2010

Le spoglie di An Jung-geun

Questa settimana, esattamente il 26, ricorre il centenario della morte di An Jung-geun (nella foto, 1879-1910), mitica figura della lotta per l'indipendenza della Corea dall'invasore giapponese. An è passato alla storia per l'omicidio dell'allora reggente giapponese in Corea, Ito Hirobuni, dopo la firma del trattato di Eulsa, con cui la potenza nipponica si era di fatto impossessata dalla penisola coreana. Venne per questo condannato e giustiziato, ma le sue spoglie non sono mai state ritrovate. E' di oggi la notizia, diffusa dall'agenzia coreana Yonhap, che il governo di Seoul ha deciso di istituire un team di esperti che si dedicherà proprio a questa ricerca. Lo stesso presidente sudcoreano Lee ha chiesto la collaborazione di Cina e Giappone: in territorio cinese infatti è probabile che si trovino i resti dell'eroe, passato alla storia anche con il suo nome di battesimo Thomas (si convertì infatti al cristianesimo nel 1897) , ma è in giappone che si trovano i documenti sulla sua esecuzione che potrebbero essere fondamentali per la ricerca. Il reggente del Ministero per gli Affari Patriottici e dei Veterani, Kim Yang, ha dichiarato che gli sforzi per ottenere le documentazioni in mano ai giapponesi si sono fino ad oggi rivelati vani, per il loro atteggiamento non collaborativo. Tokio da sempre dichiara di non essere in possesso di documenti utili riguardo la prigionia e l'esecuzione di An, mentre Seoul si dice convinta che questi esistano, ed insieme a loro anche pagine riguardanti altri 228 indipendentisti coreani.


Una collaborazione che si presenta subito come molto difficile, ma che avrebbe un significato notevole, anche proprio nei confronti dello stesso An Jung-geun: una delle linee guida del suo pensiero era infatti il pan-asianismo. La sua idea era che Corea, Cina e Giappone avrebbero dovuto far fronte comune, in nome delle comuni origine e della vicinanza culturale, contro l' "occidente bianco" che si apprestava a colonizzare l'Asia orientale. Pensava che con la morte di Ito i rapporti tra Giappone e Corea si sarebbero fatti rosei. La storia invece ha dimostrato il contrario: nel 1910 cominciò una brutale invasione finita solo nel 1945, che ancora oggi allunga la sua ombra sui rapporti tra i due paesi, pronti ad infiammarsi ad ogni minimo sussulto.



 

mercoledì 17 marzo 2010

La protesta del sangue in Thailandia

Tensione in Thailandia. Il Fronte Unito Nazionale Democratico, composto da quella che sono state ribattezzate Camicie rosse per il loro colore di riferimento (nessun riferimento a sinistra e comunismo) ha inscenato una protesta destinata a catturare l'attenzione: venti litri di sangue umano sono satti rovesciati nei pressi della residenza privata dell'attuale premier Abhisit Vejjajiva, di fronte alla sede del governo e nei pressi del quartier generale del Partito Democratico, al potere. Il sangue era stato raccolto dai militanti del Fronte tra i sostenitori dell'ex premier Thaksin Shinawatra, attualmente in esilio dopo il colpo di stato che lo ha rimosso da ogni incarico politico nel 2006. Alle spalle di Shinawatra una lunga serie di scandali politici che però non gli hanno alienato le simpatie dei vecchi sostenitori, i quali chiedono al governo in carica nuove elezioni a cui possa partecipare anche il vecchio primo ministro.


 

martedì 16 marzo 2010

Addio He Pingping

E' morto a Roma nel week-end He Pingping, il detenitore del record di uomo più basso del mondo. I suoi 75 cm erano diventati famosi grazie allo Show dei Record, che aveva presentato agli italiani questo ventunenne della provincia cinese della Mongolia interna. Il decesso  sarebbe dovuto a non meglio specificate complicazioni cardiache. La faccia simpatica, la sigaretta tra le labbra e la passione per le donne sono quello che i telespettatori ricorderanno di lui, divenuto un fenomeno mediatico anche in Cina (lo stesso China Daily gli ha dedicato un articolo per l'occasione). Curiosamente conterraneo Bao Xishun, colui che è stato per lungo tempo l'uomo più alto del mondo ( di cui si vede il viso alla destra di He nella foto), i due hanno condiviso la passione per i record che in Cina coinvolge tutti gli ambiti della società.


giovedì 11 marzo 2010

Dove nascera' la figlia di Yao Ming?

Un silenzio vale più di molte parole. Il silenzio di Yao Ming significa molto. La domanda a cui è seguito il pericoloso silenzio è: dove farete nascere la vostra bambina? Il riferimento è alla figlia di Yao e della moglie Ye Li (nella foto, al momento del matrimonio nel 2007) che dovrebbe nascere a fine estate. La domanda apparentemente banale nasconde una vera preoccupazione: Yao e Ye potrebbero decidere di far nascere la pupetta su suolo statunitense, ed in questo modo lei acquisirebbe per diritto al cittadinanza a stelle e strisce, rinunciando senza volerlo (la bimba, perlomeno) a quella cinese. Il governo ed il popolo cinese si sarebbero certamente aspettati una netta risposta che fugasse qualsiasi dubbio: la farò nascere in Cina, naturalmente. Ma il solo fatto che non sia stato subito chiaro ed anzi abbia preso tempo dichiarando che è una questione di cui discuteranno lui e la moglie ha messo in agitazione la Cina. O meglio, i cinesi che seguono il basket, i cinesi che non riescono a vivere senza icone nazionaliste e chiaramente i governanti che hanno fatto di Yao l'ultimo grande eroe cinese, il figlio dell'Imperatore Giallo in grado di conquistare il nemico di sempre, e di fare breccia nel tempio del basket mondiale, quella Nba che in Cina è molto più seguita della stessa Cba, la lega autoctona. Yao è sempre stato giocatore di grande spessore, un cestista vero e non solo un colpo commerciale, anche se è innegabile che il volume d'affari dell'Nba è esploso nello spazio apertosi in Cina. Negli anni ha finito per incarnare una trimurti dal potenziale enorme: uomo sportivo, icona commerciale, figura forse suo malgrado politica, simbolo di una Cina tornata grande, portabandiera alle Olimpiadi di Beijing, ambasciatore informale della diplomazia della pallacanestro la cui centralità è ben rappresentata da quel pallone da basket donato da Obama al vice premier cinese Wang Qishan nel luglio del 2009.


Ora non resta che aspettare cosa decideranno Yao e la moglie. Certi che la pressione della Cina non potrà che aumentare, e quasi certi che ad aumentare sarà anche l'interesse statunitense. Dopo aver litigato su Tibet, Taiwan, Iran, perchè lasciarsi sfuggire l'occasione di avere un nuovo casus belli?


lunedì 8 marzo 2010

8 marzo, festa delle donne anche in Asia

8 marzo, Festa della donna, mimose internazionali per tutte le lettrici del blog. Ovviamente anche in Asia si celebra la ricorrenza.


A Seoul la ricorrenza è stata celebrata ieri nella centralissima Cheonggye Plaza in un evento organizzato dalla Women's Association United. Tema di quest'anno era "Donne e uomini uniti per far cessare la violenza su donne e ragazze", con il preciso intento di restituire alla festa la sua valenza politica e sociale, oscurata dal business che la fa assomigliare sempre più a un San Valentino qualunque. E' stata l'occasione per parlare di violenza domestica e delle preoccupanti cifre del fenomeno: una percentuale tra il 40 ed il 60% delle mogli coreane avrebbe infatti subito violenza da parte del marito. In chiave politica, rimarcato il contenzioso tra Corea a Giappone riguardo alle donne coreane deportate durante la II Guerra mondiale e ridotte a schiave sessuali: le sopravvissute sono ancora in attesa di scuse formali e rimborsi da parte del governo giapponese



Anche in Cina alle celebrazioni "serie" si sono affiancate momenti più leggeri: la foto si riferisce ad una gara organizzata nella municipalità di Chongqing: donne vestite con tacchi alti e parrucche simpatiche si sono sfidate in velocità per aggiudicarsi premi monetari. Non voglio ciritcare eccessivamente un approccio "leggero" e giocoso, ma direi che potremmo aver trovato qualcosa di più degradante della serate con spogliarello. Ci volevano i cinesi. Per inciso, la prima arrivata si è aggiudicata l'equivalente di circa 100 euro.