martedì 9 febbraio 2010

Polveriera asiatica.

All'ultimo aggiornamento eravamo rimasti con una Corea del nord fattasi quasi improvvisamente, ma non del tutto inaspettatamente, disponibile al dialogo. Pyongyang ha rilasciato il predicatore Robert Park, ha accolto oggi gli inviati delle Nazioni Unite, ha riniziato a parlare con la Corea del Sud per riaprire i percorsi turistici comuni e la zona industriale congiunta di Kaesong, e sembra essere disposta a tornare al tavolo dei negoziati a 6. Motivo? Come già detto, sarebbe in corso, ripeto sarebbe perchè non ci sono notizie certe, una crisi economica grave, e quindi aleggia la possibilità di una nuova crisi alimentare che starebbe mettendo in ansia la popolazione e creando la scintilla per possibili proteste. Sono in corso cambi all'interno delle strutture di potere, nel Partito al potere e nell'esercito. E Pyongyang infine si dimostra disponibile al dialogo. Sembrerebbe la ripetizione di una scena già vista che segue da anni un copione fisso: minaccia nucleare, risposta della comunità internazionale. ricatto e conseguente richiesta di aiuti economici ed alimentari, concessione degli aiuti, rientro della minaccia. Ma non tutto è uguale: non solo la Corea del Sud aveva risposto alla minaccia non concedendo aiuti ma addirittura tagliando quei rapporti commerciali instauratisi negli ultimi anni; questa volta sembra essere Pyongyang a cercare il dialogo per prima. O si vuole mostrare con una faccia presentabile, come i "buoni" alla ricerca del compromesso, o la situazione interna è in crisi più di quanto sappiamo e dunque il governo vuole correre al riparo. Oppure, Kim Jong-il ha paura che il nuovo caos che sembra sul punto di scoppiare in Iran possa rubargli la scena. Tutto il mondo ha rivolto gli occhi verso Teheran, e si stanno definendo gli schieramenti: Usa da una parte, Iran dall'altra. Israele al fianco di Washington, come sarà alla fine l'Europa, pur se con mille distinguo dettati dalla paura di alcune nazioni di perdere i propri contratti commerciali in Iran. Russia non ancora schierata, ma che proverà di mediare; Cina non tanto alleata di Teheran ma piuttosto in opposizione agli Usa, sia per un discorso di egemonia che di economia. Corea del Sud e Giappone certamente con Obama, repubbliche ex-sovietiche difficili da definire: la ragnatela di oleodotti e gasdotti che partono, arrivano o finiscono in Iran spesso le interessa, e la vecchia chioccia Mosca è sempre alle spalle. Mancano all'appello l'India (alleata Usa) ed il Pakistan (alleato Cina, ma in parte fedele agli Usa). E la Corea del Nord? Pyongyang ha in Teheran un grosso partner commerciale: l'Iran compra enormi quantitativi di armi prodotte in Corea del nord, ma i rapporti si allargano anche a collaborazione scientifica, e, naturalmente nucleare. Ma le autorità nordcoreane non si sono schierate immediatamente con Teheran, ma anzi il contrario: nel momento in cui il mondo potrebbe infiammarsi di nuovo, loro si propongono di smorzare la tensione. Forse Kim Jong-il si sta sforzando di essere un po' più lungimirante? Se in futuro dovesse cadere l'Iran come lo conosciamo ora, Pyongyang ne pagherebbe di sicuro le conseguenze, quindi forse hanno ritenuto meglio riniziare a tessere i rapporti col mondo.

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