venerdì 4 dicembre 2009

Il "grande affare" tra le due Coree








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L’ultimo sviluppo nell’intricata vicenda della penisola coreana corrisponde all’ultima mossa di Seoul per uscire dall’impasse della crisi diplomatica. O così almeno potrebbe apparire. Concordato con gli Stati Uniti, il nuovo piano è spesso definito come “grande affare” (o “grande occasione”). Molto brevemente, la Corea del Sud offre a quella del nord un molto sostanzioso pacchetto di aiuti economici e le garanzia di protezione nazionale, in cambio di una cosa molto semplice: la cessazione del programma nucleare e la rinuncia a tale tecnologia. Tra le righe Seoul fa sapere che il pacchetto di aiuti sarà di un ammontare di quelli che non si possono rifiutare. Questo piano è molto simile ad uno analogo già proposto da Lee Myung-bak, l’attuale presidente sudcoreano, nel 2007, ed allora rifiutato con sdegno dalle autorità del nord. Della serie, non comprerete la nostra anima con in vostri soldi. Ma cosa cambia allora adesso? E’ impensabile che Pyongyang possa accettare un accordo di questo tipo: innanzitutto il programma nucleare della Corea del nord, ancor prima di essere un reale piano di attacco effettivamente pericoloso verso il mondo capitalista, è un efficace strumento di ricatto che Pyongyang usa abilmente; se rinuncia a quello, perde tutto il suo potere diplomatico. Se non avesse i missili nucleari, nessuno presterebbe attenzione a Kim Jong-il. In secondo luogo, a Pyongyang lo sviluppo economico non sembra interessare molto: il potere non si fonda sull’elezione, non è necessario lo sviluppo economico per ottenere i voti per governare; anzi, lo sviluppo economico potrebbe destabilizzare la situazione interna, portando la popolazione ad una sempre maggior conoscenza del mondo esterno: in fondo, lo stipendio medio in Corea del sud è 17 volte maggiore, e dall’altra parte c’è la Cina, che seppur ancora indietro potrebbe già essere un “cattivo esempio” per una popolazione che da decenni vive isolata.


Ma allora viene spontaneo chiedersi perché Seoul abbia proposto un piano di questo tipo, ossia un piano che non verrà mai accettato.


Le precedenti amministrazioni di sinistra avevano portato avanti una politica di avvicinamento al nord, inaugurando progetti economici congiunti e allargando quanto possibile la cooperazione. Per il governo di destra di Lee questo è solo un modo per mandare nelle casse dell’elite nordcoreana i soldi delle tasse del sud. Pyongyang ha sempre avuto la tendenza ad usare questi progetti economici come grimaldello per ottenere concessioni da parte di Seoul, seguendo uno schema quasi standardizzato: prima scatenare una crisi con i più svariati pretesti, poi rendere la situazione il più tesa possibile, poi mostrare la volontà di negoziare ed infine ottenere dei benefit per far ritornare la situazione allo stato pre-crisi artificiale. Ma qualcosa è cambiato: quando nell’estate del 2008 Pyongyang ha messo in discussione i progetti congiunti, si aspettava una reazione allarmata al sud, che avrebbe portato ad una potenziale crisi da cui uscire strappando concessioni. Ma questa volta non è stato così: il governo di Seoul ha ignorato per almeno un anno i proclami del nord, e solo nello scorso agosto si è dichiarato disposto a rimettere in moto i progetti economici. Ma ha fatto capire che non ha alcuna fretta di farlo. Insomma, ha ribaltato la frittata: Pyongyang ha dato di matto quando ha realizzato che l’arma del ricatto tramite i progetti economici congiunti era passata di mano. Sembra che Seoul abbia voluto impartire una lezione: voi avete rovinato i progetti da cui voi guadagnavate soprattutto, adesso ne pagate le conseguenze invece di trarne ulteriori benefici.


In tutto questo si instaura il piano del “grande affare”: è un piano che innanzitutto blocca la situazione; non può essere accettato, ma intanto l’offerta è stata fatta. In secondo luogo tiene a bada quella parte dell’opinione pubblica sudcoreana fautrice del riavvicinamento: il governo di Lee ha proposto aiuti economici enormi, il rifiuto è solo colpa di Kim. Infine soddisfa gli Stati Uniti ponendo l’accento sulla loro prima preoccupazione, ossia la proliferazione atomica ed i modi per contrastarla.


Una situazione quindi si procurato stallo: quello di cui ha bisogno Lee per portare fuori il paese dalla crisi che ha colpito duro ma che sembra sempre più alle spalle. Tenendo allo stesso tempo buoni i suoi avversari politici che avrebbero potuto usare la crisi col nord per aprire una crisi interna.


 



5 commenti:

  1. ...minchia, sembra un film di Geims Bond(e)

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  2. Ricorda quello che un saggio cantava anni fa, "sometimes truth is stranger than fiction"

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  3. Ma il vecchio saggio una volta non cantava: dog machine is now alive...(t1000?!?!)

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  4. mi pare che il vecchio mica tanto saggio cantasse "dog machine is what I love"...

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  5. ahahahahahaah è veroooooo
    grande cristi

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