martedì 7 settembre 2010

La Gang del Ponte

 Tutti i giorni per andare al lavoro prendo il bus e scendo dopo qualche fermata. Allora solo un cavalcavia pedonale mi separa dall'edificio al quale sono diretto. A volte rischio di arrivare in ritardo perchè, per qualche motivo inspiegabile, sulle scale per salire mi ritrovo in coda alla fila degli anziani acciaccati, che percorrono un gradino ogni 5 minuti; e nel nervosismo di questo ingorgo umano devo anche curarmi di non scivolare su qualche sputo mucoso abbandonato da padrone incurante sui gradini, più piccolo e dunque più pericoloso della più classica buccia di banana. Poi sul ponte devo farmi strada tra gli acquirenti del piccolo centro commerciale informale, che viene allestito ogni giorno da quella che ho rinominato la Gang del Ponte. Questi intraprendenti commercianti stendono le loro mercanzie su di un lato, occupando metà dello spazio disponibile. Il resto viene impegnato da persone di ogni età e sesso che si fermano a guardare giocattoli, ninnoli di artigiano etnico, pellicole protettive per cellulari, occasionalmente vestiti. Ed animali. I commercianti sono sempre gli stessi, il che mi fa supporre l'esistenza di un inquietante racket delle postazioni sul ponte. Immagino il venditore di animali minacciare, tenendo uno scoiattolo per la coda ed agitandolo come una pelosa palla chiodata, chiunque provi a creare concorrenza. Dico il venditore di animali perchè lui ed alcuni colleghi sembrano essere i boss della situazione: hanno passato l'estate su quel ponte, sotto ombrelli che li hanno riparati sia dal sole cocente di agosto che dalle occasionali piogge estive, a mangiare cibo da scatole di polistirolo bianco e scolare birre, ingannando il tempo tra una vendita e l'altra con partite a poker o messaggi al cellulare apparentemente interminabili. Ed ogni giorno ho visto il piccolo zoo crescere: dai pesci rossi vicini al bollire in giornate da 40 gradi, alle disgraziate tartarughe che cercavano la fuga da vaschette di plastica in cui la densità di popolaizone era di molto maggiore a quella dei condomini di Hong Kong. Poi sono arrivate anguille, altri pesci, conigli bianchi oramai cotti e solo in attesa di una gettata di olive nere per essere mangiati. E gli scoiattoli, intrappolati in gabbie e intenti a correre su e giù per qui pochi centimetri quadrati, in cerca di un bosco dove rifugiarsi ma condannati ad arrampicarsi solo su quei listelli di ferro in una continua spirale di vana ricerca di spazi e nocciole. Scoiattoli marroni, neri, striati, ogni giorni mi viene voglia di comprarne uno per poi liberarlo nel parco più vicino. Ma sono convinto che il racket del ponte abbia i suoi sgherri in ogni parco della città, pronti a ricatturare quegli animali che qualcuno potrebbe voler liberare; e questo non farebbe che arricchire il loro commercio. Quindi ogni giorno passo oltre, e con un velo di tristezza mi dirigo alla discesa, sperando di non incontrare più il signore zoppo che un giorno ha reso la mia discesa più lunga dell'attraversata di un deserto.

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