E' già passato un anno dalle Olimpiadi di Beijing. Il Nido d'Uccello, che l'anno scorso vedeva sfilare al suo interno i migliori atleti di tutto il mondo tra poche ore si consolerà con le gesta di Inter e Lazio che si contenderanno la Supercoppa italiana. In precedenza non aveva, per un anno, goduto di eventi sportivi ma solo di concerti e festival pop. E di una orrenda esibizione dei costumi usati nella cerimonia d'apertura dei giochi olimpici. Un po' riduttivo per il fiore all'occhiello delle avveneristiche strutture olimpiche. Nemmeno la squadra di calcio della capitale vuole giocarci durante il campionato, probabilmente imbarazzata dal vuoto che si verrebbe a creare sugli spalti (anche se sembra che qualcosa si stia muovendo in queste settimane, complice una mega sponsorizzazione). Qualcuno si consola con le migliaia di turisti che ogni giorno visitano il nuovo santuario pechinese, altri già pregustano la messa in scena della Turandot che qui avverrà in autunno, a cura di quel Zhang Yimou che fu la mente della cerimonia olimpica. Il Cubo d'Acqua è invece aperto al pubblico, ha ospitato sfilate e concerti (?) e si appresta a divenire una struttura sportivo-commerciale nei prossimi mesi. Il palazzetto di Wukesong, dove i miei occhi lucidi hanno goduto delle gesta dei cestiti, giace invece inutilizzato. Qualcuno deve aver fatto male i calcoli. Ma per il resto Beijing gode ancora dell'eredità delle Olimpiadi: la città è pulita, le infrastrutture funzionano perfettamente, il verde è rimasto, l'aria è migliore. La popolazione è ancora abbastanza educata, non è regredita all'epoca dello sputo selvaggio. Ma soprattutto il sentimento patriottico è più forte che mai, come confermano i sondaggi sul lascito spirituale dei giochi olimpici. E qualcuno si ricorda ancora quel poco di inglese imparato per l'occasione. Agli angoli delle strade si vedono ancora le casette dei volontari, con le immagini oramai sbiadite e le serrature arrugginite. Sembrano tristi memorabilia del passato, ma forse sono invece moderni altari allo spirito di sacrificio ed alla frenesia di quei giorni. Forse qualcuno nella notte porta bastoncini di incenso a gruppi di tre davanti alle casette, ricordando in privato, lontano dalle celebrazioni pubbliche, quei giorni in cui i pechinesi hanno sentito la loro città non solo al centro della Cina, ma al centro di tutto il mondo. --br--
Il governo ha stabilito per oggi la "Giornata nazionale dello sport", in onore delle Olimpiadi. Grazie al cielo nessuno nel mio condominio si è mesos a correre come un ossesso, o a improvvisare sport nel cortile. Anzi c'è un mercatino dei libri usati, oggi. Non ci sono nemmeno le due ragazze che solitamente si allenano a tennis, usando una palla legata con un elestico ad un peso appoggiato a terra, creando traiettorie pericolossime per i passanti. Nonostante i proclami, le gente lamenta ancora la mancanza di spazi pubblici per lo sport, accessibili a tutti, non solo a quelli col portafoglio grosso. Un ragazzino con la canottiera di Kobe Briant gioca spesso a basket in cortile, peccato che non essendoci il canestro deve arrangiarsi mirando ad una finestrella quadrata lungo un muro.
In televisione passano le immagini dell'anno scorso, i successi, i momenti più belli. Quelle immagini che tutti hanno visto, dalle grandi metropoli ai villaggi di campagna, dalle ricche città costiere alle depresse regioni occidentali. Quelle immagini sportive che, insieme alle immagini drammatiche del terremoto in Sichuan, opposte ma in questo caso accumunabili, hanno contribuito a forgiare una maggiore coscienza nazionale, quello spirito patriottico essenziale al governo per poter controllare un continente ridotto a nazione, per attraversare indenni le tensioni interetniche, gli scandali alimentari, le tragedie del lavoro, insomma i problemi storici cinesi.
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