Fuori dal finestrino scorrono filano via i neon delle insegne dei ristoranti, sul cofano si riflettono le luci ancora accese di uffici in alti palazzi di vetro colorati di verde e azzurro; tra cavalcavia e sottopassaggi si sfiorano auto sportive, piccole utilitarie grottescamente customizzate ed enormi autocarri minacciosi. Davanti alle policrome entrate dei karaoke stazionano giovani cinesi, la loro serata sta per finire mentre altrove si è solo all’inizio delle danze. Si sbarca a Sanlitun, il centro ideale della vita notturna di Beijing, in quella jiubajie, letteralmente “la via dei bar” esplosa negli ultimi anni. Sul lato orientale della via, come fossili di un’epoca lontana si allineano i bar della prima ora; hanno conservato il loro aspetto di locali destinati ai primi cinesi facoltosi ed agli uomini d’affari stranieri in missione all’estero: enormi insegne di famose marche di alcolici, invece di un nome spesso un anonimo numero, interni dai colori dannosi per l’occhio umano, i camerieri che ti invitano ad entrare e spesso un complessino all’interno che suona pessime cover di classici americani del passato o melense canzoni cinesi odierne. Bisogna camminare un attimo ed addentrarsi nel lato occidentale, dietro alle luci ed all’ordine del Village, per entrare nel cuore della movida di Beijing. Ad un primo sguardo sembra che un architetto celeste strafatto di gas di scarico ed erguotou, un popolare superalcolico pechinese noto per il suo sapore acre ed i suoi effetti traumatici, abbia creato un delirio di architetture male assortite: da una parte complessi abitativi anni Settanta di sapore socialista, dall’altra le strutture moderne del 3.3 Mall e del Tongli Studio; poi vicoli stipati di bar fino al capolavoro di design che è l’hotel Opposite House. Questi sono i templi che ospitano i santuari del weekend, nel vicolo i locali più piccoli, dentro ai monoliti i club più grandi. Addentriamoci dunque qui dove la temperatura sale, letteralmente, di almeno un paio di gradi nelle notti d’estate; il calore si insinua tra la massa di ragazzi e ragazze che si muovono da un locale all’altro seguendo itinerari alcolici che si rinnovano a seconda delle tendenze. Macchine e scooter provano di insinuarsi tra la musica che esce dai locali e le bottiglie vuote buttate a casaccio, i loro clacson si sovrappongono ad un delirio linguistico dove il cinese è lingua franca utile per ordinare da bere o qualche spiedino dai venditori di strada. Ci sono bar minuscoli, negozietti con frigorifero all’aperto, piccoli ristoranti a cui si accede tramite traballanti scale esterne, tavolini sporchi e panchine su cui si accascia il collassato di turno; ai lati della strada venditori di sigarette contribuiscono a rendere la viabilità impossibile. Il vicolo svolta, diventa ancora più stretto complici le sedie ed i tavolini di altri bar, lo si percorre a spallate nel chiasso di brindisi, strette di mano, sudore, l’occasionale urto con il barcollante, e qualche mollante, di turno; si arriva alla fine, nel luogo eletto da chi non vuole fare la fila nei bagni per urinare o da chi vomita quello che ha bevuto nel tour de force di club e bar. Da nord ovest, dalle lontane lande delle Università di Wudaokou, si vedono calare orde di studenti pronti a scaricare le fatiche dello studio ed il testosterone, da sud est salgono i lavoratori desiderosi di sciogliere nel bicchiere e nella musica la settimana passata seduti in ufficio, le masse si scontrano e si mischiano con gli autoctoni più trendy, in mezzo zigzagano bimbette che vendono rose, dallo sguardo ingenuo ed allo stesso disilluso. Per terra comincia a stendersi uno strato di spiedi di legno, cocci, cartacce; qualcuno si siede su di un muretto per evitare di crollare a terra, qualcuno riemerge da un club per rifiatare. Si entra ed esce da Kai, Butterfly, Smugglers, drink dozzinali dal sapore discutibile e dall’effetto velenoso vengono prodotti a ciclo continuo: sopra le teste volteggiano lunghi e stretti vassoi con decine di bicchierini di tequila, bottiglie di birra Qingdao, ginlemon che sarebbe meglio utilizzare come stura lavandini. Nelle piccole piste da ballo ci si scatena a ritmo di hip-hip, house, classici del rock ballabile, a seconda dei gusti del dj o del locale. Il tasso alcolico sale, i pavimenti si fanno appiccicosi, cominciano gli abbordaggi e i flirt in pista. Qualcuno corre al bagno a rimettere, qualcuno viene portato fuori a spalla. Passano le ore ma non cala la temperatura, saliamo allora al Kokomo sperando di trovare refrigerio nella sua terrazza all’aperto, ma ci si ritrova schiacciati tra centinaia di persone che avevano avuto la stessa brillante idea, con in aggiunta il pericolo di volare già causa spinta o svarione. Entriamo al club China Doll per godere un attimo dell’aria condizionata, presto storditi dalla musica altissima, dalle camicie aperte fino all’ombelico e da un drink a base di Chivas Regal e tè verde, un vero must a queste latitudini. Più a sud Tun e Nanjie, locali tra i preferiti dagli studenti cominciano a registrare i loro tutto esaurito; ma di fronte fa bella mostra di sé il Salsa Caribe dove andiamo a slegare i fianchi insieme alla grande famiglia sudata e forzatamente sensuale dei latinos, che a Beijing divengono quasi una caricatura di loro stessi e di tutti i luoghi comuni a riguardo. Dopo lo stress caricato grazie all’ascolto di un’orchestrina messicana e dalla visione di cinesi aspiranti ballerini caraibici è meglio concedersi due passi fino allo Stadio dei Lavoratori, attorno al quale sono sorti irrispettosi del luogo megadiscoteche: una grande statua alata di epoca maoista vigila sul Mix, prediletto dalla gioventù coreana di Beijing quando decide di non stare rintanata nei propri bar a Wudaokou, e sul Vix, esattamente al lato opposto, dove l’hip hop la fa da padrone. Stanchi di ritmi elettronici e basi sintetiche lasciamoci trascinare dall’odore di sudore e birra rovesciata fino al MAOlive o allo Yugongyishan per scuotere la sempre più rada chioma sulle note di punkrock ed heavy metal: qui staziona la gioventù alternativa cinese, ecco i piercings, i tatuaggi ed i dreadlocks, ragazzi con creste appena uscite dalla Londra dei Settanta e truci profeti del metalcore con pantaloni militari al ginocchio e cappellini da baseball neri; dentro milioni di decibel distorti e corpi che cozzano fino allo sfinimento
Quale che sia la direzione che prende la notte di Beijing, inevitabilmente se ne esce con le orecchie doloranti, gli occhi arrossati dal fumo ancora ben presente nei locali ed un mal di testa preventivo. Le ore passano, il rosario dei locali comincia a giungere al termine: mentre in piazza Tian’anmen i turisti aspettano l’alba per vedere sorgere il sole insieme alla bandiera nazionale, dai locali e dalle discoteche escono i guerrieri del weekend, si stropicciano gli occhi alla prima luce di una giornata che vivranno a metà e barcollano fino al taxi più vicino, pregando in cuor loro di azzeccare l’indirizzo e non ritrovarsi dalla parte opposta della città.
bellissimo giro notturno, però a quest'ora già mi son stancata :D
RispondiEliminaHi hi hi ...gran bel giro!!
RispondiEliminaper Jezabel, spero che tu non ti sia stancata prima di arrivare alla fine!
RispondiEliminaper Bonde, ti manca vero il vicolo?
a no...alla fine del tour avrò già buttato per l'aria tanti per arrivare a vedere l'alba in piazza ;)
RispondiElimina...a me un po' manca Suto...sarei disposto anche a farmi sfidare da qualche nero x essere lì...
RispondiEliminaStasera credo che da cucco tenterò di riprovare l'emozione del vicolo andando nella via del bibbi!!!
RispondiEliminasono sicuro che troverai emozioni simili e creerai laghi analoghi
RispondiEliminasuto.... questo èdedicato a te!!!
RispondiEliminahttp://www.gazzettino.it/articolo.php?id=73698&sez=NORDEST
«Sappiamo chi è stato», avrebbe detto il parroco ai fedeli.
RispondiEliminaAnch'io credo di saperlo. Le sue iniziali sono L.T, aitante 32enne pendolare da quelle parti!
Io l'indirizzo l'ho sempre azzeccatto...sò ffurbo io
RispondiEliminapotere della distorsione alcolica!
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