Il quotidiano Asia Times riporta una notizia interessante: la notte della vigilia di Natale un missionario ameri-coreano è entrato in Corea del Nord per consegnare di suo pugno un messaggio di pace per il presidente Kim Jong-il. Robert Park, questo il suo nome, ha attraversato il letto ghiacciato del fiume Tumen che segna il confine tra Cina e Corea del Nord (molto più penetrabile rispetto all'ultra militarizzato confine tra le due Coree). Non si saprebbe ancora nulla del ventinovenne, che prima di partire aveva dichiarato di voler portare appunto un messaggio di pace ma anche un invito alle autorità del Nord ad aprire le frontiere e chiudere i campi di concentramento. Tutto argomenti molto sensibili dunque, di quelli che non possono che irritare le autorità comuniste di Pyongyang, nel caso avessero deciso di soprassedere all'ingresso clandestino. Ora, in attesa di sviluppi (oltre purtroppo alla scontata cattura e più o meno certo imprigionamento) ci si chiede come una vicenda apparentemente così piccola (senza nulla togliere al notevole significato del gesto) possa influenzare i prossimi eventi della penisola coreana. In un contesto "normale" nordcoreano sarebbe certo un lungo imprigionamento, salvo interventi eccezionali come quello con cui Bill CLlnton è andato a recuperare le due giornaliste statunitensi (Euna Lee e Laura Ling) che erano state arrestate e tenute prigioniere per 140 giorni nel 2009. Ma questo potrebbe non essere un momento normale: da settimane Pyongyang prova di riaprire un canale di dialogo con gli Usa, ora deve decidere se usare Robert Park come ostaggio e contropartita per qualche tristemente solito ricatto, oppure lanciare un messaggio chiaro della propria disponibilità a rimettersi al tavolo a discutere.
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