Ogni tragedia, come d'altronde ogni
vittoria o rivoluzione, ha la sua immagine simbolo, nel mezzo del
bagaglio iconografico che le situazioni estreme naturalmente
allargano.
Quando la tragedia si chiama terremoto,
allora l'orologio si trasforma in immagine carica di senso, si
significati, di pathos. L'orologio che si ferma al momento della
scossa, divenendo confine che separa il mondo del prima da quello di
un dopo irrimediabilmente mutato. L'orologio che ha battuto i secondi
della scossa, quello che si è staccato dalla parete per finire a
terra in compagnia di piatti e ricordi.
Del terremoto che colpì la
provincia cinese del Sichuan nel 2008 rimase, tra le moltissime
immagini, anche quella di una torre con orologio fermo alle 2.28, ora
della scossa. Non so se la foto sia stata scattata nell'imminenza
dell'evento, o se successivamente si sia deciso di lasciare le
lancette ferme come monito, come alla stazione di Bologna dopo la
bomba del 2 agosto 1980. Non è importante.
Per il terremoto che ha colpito
l'Emilia abbiamo avuto per qualche ora l'immagine della Torre dei
Modenesi di Finale Emilia distrutta per metà: non l'ora del
disastro, ma l'effetto preciso della distruzione fermato nel
quadrante spaccato a metà.
Poi le scosse successiva hanno completato
spietate il lavoro, risparmiando all'uomo l'ingrato compito di dover
demolire un monumento simbolo della città. Ma non sarà certo quel
crollo a far dimenticare quell'orario, quelle 4.04 che ora marcano il
prima ed il dopo di migliaia di esistenze.
Alla riapertura delle scuole, le
emozioni in sono certo quelle solite di fine anno. Anche in zone
colpite solo dalla paura e non da danni e tragedie la sensazione è
quella di precarietà, di rischio. Serpeggia tra insegnanti e
personale quella domanda che nessuno osa porre ad alta voce: e se
arrivasse un'altra scossa adesso, con le classi semipiene? Classi
appunto per metà vuote, molti genitori a quanto parre hanno regalato
ai figli una chiusura d'anno scolastico in anticipo. Ci sono
insegnanti che vorrebbero la chiusura ufficiale delle scuole tutte,
non solo di quelle lesionate. Il citato terremoto del Sichuan fece
migliaia di vittime tra bambini ed adolescenti sui quali sono
crollate le scuole. Allora pensammo: quella è la Cina, la le scuole
le fanno male, fanno business sulla pelle dei loro bambini, sono
corrotti e cattivi. Poi arrivò il terremoto dell'Aquila, e tra i
tanti drammi quello odioso del crollo alla Casa dello Studente:
scoprimmo allora che forse anche qui si fanno i soldi sulla pelle
degli studenti.
Il terremoto che ci ha colpito in
Emilia ha risparmiato le scuole, ma non le attività produttive ed i
lavoratori della notte. Solo il tempo ci dirà se quei morti al
lavoro si sarebbero potuti evitare, o se qualcuno ha fatto business
sulla pelle dei lavoratori. Potrebbe sembrare irrispettoso ragionare
di questo a tragedia ancora in corso, ma credo che sarebbe ingiusto
non porsi domande.
Il nostro territorio e la nostra
economia colpiti, messi in ginocchio. Altro lavoro che scompare, per
alcuni insieme alla casa ed ai ricordi. Ma non alla voglia di
rialzarsi. In molti si chiedono perchè alla tv non ci sia il
bombardamento di inviti a donare euro con messaggi o a donare soldi
per i terremotati dell'Emilia. Nemmeno io li ho visti, ma potrei
essere smentito. E l'unica spiegazione che trovo è macabra: abbiamo
avuto pochi morti. Pochi per colpire veramente l'opinione pubblica. E
poi poca distruzione. Le fabbriche crollate, quelle non commuovono il
pubblico; distruggono la vita di chi ci lavorava, ma non fanno
piangere. E poi nessuna scena di terremotati isterici che danno la
colpa al governo, ai fascisti o ai comunisti. Ma di questo sono
fiero.
Pochi giorni dopo il sisma su Facebook
ha cominciato a circolare una bella immagine con l'Emilia Romagna
percorsa da una crepa che si trasforma in un cuore e lo slogan: Puoi
spezzare la nostra terra ma non il nostro coraggio. Bella e carica di
significato, ma non sono in tanti ad averla fatta propria: forse
perchè per quelli che sono stati colpiti è già passato il tempo
dell'autocommiserazione, e sono già nel tempo dell'azione.
Quell'immagine l'ho vista sul profilo
di amici, tutti della zona colpita o comunque emiliani. Non l'ho
vista su nessun altro profilo.
Quando il terremoto colpì il Giappone
l'anno scorso, vidi decine di profili Facebook rendere omaggio con la
bandiera del Sol Levante a quella nazione profondamente colpita.
Ai lettori la libertà di trarre le
proprie conclusioni.
Nessun commento:
Posta un commento