"Too close to China and lose the country. Too close to America and lose the party".
Ossia:
"Troppo vicino alla Cina, e perdi il paese. Troppo vicino agli Usa, e perdi il partito (comunista)".
Questo è il ritornello nelle strade del Vietnam in anni di complicato rapporto con gli ingombranti fratelli maggiori. Rapporti diplomatici che provano di tenersi in buoni rapporti con entrambe le potenze, ma anche diffidenze bipartisan. La paura che la Cina, come già successo nei secoli scorsi, possa rivendicare il Vietnam come suo legittimo possedimento, se non nella forma di un'invasione militare quanto in quella di un'invasione di basso profilo (commerciale, sociale, politica); paura che fa il paio con la diffidenza della recente buona disposizione degli Usa, sia per i ricordi della guerra che per la paura che una sempre maggiore influenza di Washington possa finire col mettere in discussione il Partito Comunista e lo stato socialista. Quindi avanti piano e con circospezione, facendo seguire ad ogni apertura da una parte una contro-apertura dall'altra, con la speranza di ricavare il meglio da questa posizione "a metà" ma con la paura di ritrovarsi ostaggio nei rapporti tra Beijing e Washington. Col rischio di perdere o il paese o il Partito, che nel contesto socialista vietnamita sono pressochè identificati.
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