mercoledì 16 maggio 2012

Cina e visto: storia di un amore


La Cina aumenterà i controlli sui visti di residenza dei cittadini stranieri.
La notizia, diffusa ieri dall'Ansa, è presto rimbalzata su giornali e radio. L'Ansa parla di controlli sugli stranieri e sui loro passaporti. Non si parla ancora del motivo che possa aver scatenato l'ennesima stretta sui visti, ma si cita un evento di cronaca: il (presunto) stupro di una ragazza cineseda parte di un cittadino inglese
anche se subito dopo si cita quello che sarebbe il motivo vero, ossia quello politico e repressivo, ossia l'avvicinarsi del Diciottesimo Congresso del Partito Comunista Cinese atteso nel prossimo autunno. Quello che si annuncia come un Congresso caldissimo per le forti tensioni che investono il Partito potrebbe quindi essere il catalizzatore di stranieri intenzionati ad arrivare in Cina per...per cosa effettivamente? Protestare contra una corrente del PCC a favore di un'altra? Picchettare Tianan'men per sostenere la linea neomaoista? Spiare i delegati al congresso? Reclutare crumiri che si infiltrino nelle ruote dentate del potere cinese per poi distruggerlo?
Vero è che il governo cinese è solito mettere in atto queste restrizioni e controlli rafforzati in occasione dei grandi eventi (le Olimpiadi sono l'esempio classico, ma quello era un evento mondiale). Allo stesso tempo, mi chiedo con un po' di provocazione, ma un governo non può esigere che i residenti stranieri siano in regola con i documenti, senza per questo ogni volta dover scatenare una polemica su restrizioni della libertà e violazione dei diritti umani?
E' un argomento sensibile, ed io ero il primo che, quando mi trovavo ad affrontare il problema del visto, lo vedevo come una terribile rottura di scatole e maledivo le mille regole cinesi. Ma credo che se interrogato a riguardo, un cinese potrebbe tranquillamente rispondere elencando le mille difficoltà che affronta per venire in Italia.
Al che l'italiano dice: ma noi in Cina portiamo ricchezza, loro portano concorrenza sleale e povertà.
Al che, l'osservatore attento si chiede: sicuri che sia ancora proprio così?

Riflessioni complesse a parte, quella dei visti è un'occasione ghiotta per un po' di nostalgia. Si perchè, a distanza di sicurezza, anche le peripezie per ottenere il visto durante i soggiorni in Cina sembrano romantiche avventure, tentativi avventurosi ma anche goffi di aggirare le regole che il cattivo Pcc si divertiva ad inasprire per impedire a noi giovani virgulti occidentali di stare in Cina più a lungo di quanto fossimo gradito. Come turisti, si era come il pesce: dopo un mese cominciavamo a puzzare, ma si poteva rinnovare fino a due volte tale mensilità. Da studenti era una vittoria facile, bastava sborsare i soldi necessari ad un'iscrizione e come magia appariva un rassicurante visto di 6 mesi, un'infinità. Leggende narrano che ci siano quarantenni che da almeno dieci anni lavorano in Cina che di fronte al governo figurano ancora come studenti: alla faccia dei fuoricorso italiani. L'abbiamo fatto in tanti, anche io a mio tempo mi ero iscritto ad una fantomatica “università di studi superiori dei giovani” o qualcosa di simili. Lezione casualmente il sabato mattina, e altrettanto casualmente i compagni di classe erano tutti maturi e con lavoro. Era la classica situazione di win-win: io pagavo la retta scolastica ed ottenevo un visto, e volendo il sabato mattina potevo andare con gli occhi ancora semichiusi a sentire un'insegnante parlare di festività cinesi e tradizioni locali. Loro incassavano tali laute rette, e presumo che il governo prendesse le appropriate tasse. Ma sull'ultima affermazione non sono pronto a giurarci.
C'erano, e da qualche parte ci saranno ancora, le agenzie che spedivano il tuo passaporto in un'altra città per rinnovare il tuo visto, e a volta capitava che te lo perdessero: ho vissuto due mesi da perfetto clandestino, col passaporto disperso a Qingdao in mano forse ad un mastro birraio, standomene alla finestra della mia camera al sesto piano quando si spargeva la voce che la polizia stesse girando per il quartiere alla ricerca di fuori quota massima. Mai successo niente al sottoscritto.
Per rinnovare un visto di lavoro un'altra volta sono finito a Wuhu, Anhui, dove mi sono spacciato come impiegato di un'azienda italiana con la sede la, mi sono registrato come cittadino, ho visto corrompere un funzionario. Io tutto per avere quell'agognato foglietto di carta.
In tanti hanno approfittato del rinnovo per un viaggio ad Hong Kong, vera mecca per chi deve mettersi a posto con la legge. Una città del peccato dove cercare la redenzione per il proprio passaporto, rifargli una verginità di soggiorno. Ugualmente, soggiorni in Corea, Giappone o stati limitrofi, dove unire l'utile al dilettevole. Sono convinto che qualcuno abbia fatto di tali viaggi finalizzati al rinnovo un vero stile di vita: me li vedo rifiutare da contratto l'eventuale visto annuale che un eventuale datore di lavoro gli propone solo per la visione paurosa della fine di questa bellissima scusa per viaggiare.

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